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Marina Fabiano è una giovane studentessa al terzo anno di medicina. È una ragazza acqua e sapone, diligente, ordinata, tutta trenta e lode. La sua vita è apparentemente armoniosa, ma Marina di armonia ne conosce ben poca. Accudisce l'adorato padre, Concetto, che è gravemente malato. Vivono nella loro casa, a Catania, in via Francesco Riso a pochi passi dal Palazzo di Giustizia, quasi fosse presagio della sventura cui sono condannati a soccombere. Concetto, vecchio capitano di lungo corso, e Marina, studentessa modello. Ormai da mesi, incessanti i suoi dolori, il padre implora la morte dalle mani della figlia: "Uccidimi, uccidimi ti prego". Il ventisette maggio 1973, Marina avrà finalmente pietà delle richieste di Concetto e lo finirà, strangolandolo. Dopo qualche resistenza, la giovane confesserà l'atroce delitto. Seguiranno anni di processo e detenzione carceraria e poi, nove anni dopo, pagato il suo debito con la giustizia, Marina tornerà in libertà. Fino a questo punto, la storia è ispirata a una vicenda di cronaca nera realmente accaduta. Marina Di Dio, avvocato catanese, ha conosciuto Marina Fabiano dalle parole del suo maestro che ne era stato difensore e, stimolata da questi, ha intrapreso un gioco di creatività e fantasia per ridare vita a una storia tragica e donarle un finale differente, inatteso. Ed è storia di rinascita e speranza, di una Marina che si reinventa, svestendo i panni che le avevano cucito addosso e indossando, adesso, solo se stessa, smantellandosi come in un puzzle in infinite nuove Marina. Cadrà, allora, e, ancora una volta, si rialzerà. Conoscerà l'amore per la scrittura, per i piaceri della vita e, infine, per se stessa. La storia pone il focus sul tema dell'eutanasia, discostandosi da una visione scientifica e religiosa, ma lasciandosi trasportare dal vortice imprevedibile dei sentimenti.